Un regista dalle tenebre

di Alessio Di Rocco

Angelo Pannacciò in Italia viene considerato un pioniere della pornografia, ma al contempo è anche una delle figure più misteriose che hanno animato il sottobosco dell’industria cinematografica a cavallo di ben tre decenni, cioè dagli anni ’60, quando inizia la sua carriera come produttore, a tutti gli anni ’80, quando cessa la sua attività.




Nato a Foligno, in provincia di Perugia, il 13 marzo 1923, Pannacciò inizia a muovere i primi passi nel cinema nel primo dopoguerra, quando si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia, senza tuttavia riuscire conseguire il diploma, e comincia a collaborare ad alcune sceneggiature (es. Divisione folgore, di Duillio Coletti, nel 1954).
Sul finire degli anni ’60, approfittando di un’eredità di famiglia, fonda, con la collaborazione di Francesca Pannuccio e Pelio Quaglia, due piccole imprese di produzione, la Filmarts e la Universalia Vision MPI, con le quali finanzia alcuni film a bassissimo budget per lo più diretti dall’amico Luigi Petrini. Tra i titoli prodotti: il dittico a tematica lesbo composto da La ragazza dalle mani di corallo (1969) e Così… così più forte (1970), realizzati per cavalcare il successo del film di Claude Chabrol Les Biches (1968), e il violento western Lo ammazzò come un cane… ma lui rideva ancora (1971), per il quale si intesta anche la regìa per disaccordi sull’edizione finale.



A partire dal 1972 inizia a curare la regìa di tutti i film che produce e ad accreditarsi anche la stesura dei copioni, nonostante le sue sceneggiature venissero in verità scritte dal poeta/regista/pittore Franco Brocani. 
A marzo di quello stesso anno, Pannacciò dirige un singolare sexy-horror, che però viene distribuito solamente nel 1974: Il sesso della strega. Lo schema narrativo di questa sua prima pellicola – un gruppetto di personaggi, ospiti in una villa, vengono massacrati ad uno ad uno da una mano misteriosa – guarda all’archetipo letterario di Agatha Christie Dieci piccoli indiani, anche se non mancano rimandi al cinema di Dario Argento.  Ma la tensione latita e l’opera si rivela un fallimento sotto vari aspetti, sia tecnici (inquadrature sballate, frequenti scavalcamenti di campo) che contenutistici. Che al neo regista interessassero poco le dinamiche dell’horror lo dimostra la messa in scena degli omicidi, per lo più risolti con ampie ellissi. Al contrario, il coté erotico è generoso: partouze, masturbazioni femminili, scene di amplessi al limite del mostrabile: vedere per credere l’edizione bluray pubblicata in America dalla Vinegar Syndrome nel cofanetto Camille Keaton in America.




L’anno successivo, Pannacciò mette in piedi un altro sexy-horror, destinato però a rimanere incompiuto: Il mio demonio nel tuo corpo (reintitolato in corso d’opera Una splendida giornata per morire), dove riprende e sviluppa una tematica appena abbozzata nel film precedente: quella degli esperimenti sulla volontà e il controllo mentale di un individuo. La trama racconta la storia di Dorothea (interpreta dall’attrice cecoslovacca “Kay Fischer”, al secolo Kai Anne Inge Fischer), una brillante scienziata che in gioventù era stata fatta prigioniera dai nazisti e da essi usata come cavia per degli esperimenti. La donna, diventata col tempo un luminare della scienza, si vendica dei suoi aguzzini creando in laboratorio una donna bella quanto letale: Lucilla (interpretata da “Susan Levi”, all’anagrafe Assunta Sicurezza, al tempo moglie del regista). I sessanta milioni messi insieme dalla produzione non bastano però a coprire le spese e il film resta in un limbo per oltre un lustro. Nel 1979 il regista, coadiuvato dal direttore della fotografia Maurizio Centini, gira ex-novo alcune sequenze di completamento e Una splendida giornata per morire verrà distribuito nelle sale col nuovo titolo Holocaust parte II: i ricordi, i deliri, le vendette (titolo che fa il verso alla serie tv americana in quattro parti di Marvin J. Chomsky Holocaust, che era stata appena trasmessa dalla televisione italiana). In questa nuova versione il girato risalente al 1973 viene impiegato a mo’ di flashback e il soprannaturale cede il posto al reale: il film da sexy-horror qual era è trasformato in un nazi-porno.




Malgrado la débâcle di queste prime esperienze da regista, il Nostro non si perde d’animo e nell’estate 1973 inizia la lavorazione di un altro film: un erotico dalla struttura a episodi, provvisoriamente intitolato Amore (ma alla Siae risulta iscritto come Dolce strano sentimento: Amore). Finanziato attraverso una nuova società di produzione, la Minerva Italian Film (fondata insieme a Salvatore Sicurezza, fratello di Susan Levi, con un capitale di appena 100.000£.) e ambientato quasi per intero in una villa ubicata nella località balneare di Lido dei Pini, di proprietà dello stesso regista, Amore (reintitolato in seguito Un brivido di piacere per la fugace distribuzione nelle sale avvenuta ben cinque anni dopo, nel 1978) è composto da tre racconti ispirati ad altrettanti classici del cinema. Il primo di essi, che omaggia il finale di Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph L. Mankievics, mostra un uomo in spiaggia (Gianni Dei) tormentato da vari pensieri a carattere sessuale, mentre la moglie (Orchidea De Santis) si concede tra gli scogli a un gruppo di ragazzi emersi come per incanto dalle acque del mare; nel secondo, ispirato a Bella di giorno di Luis Bunuel, una ricca signora (Rosita Toros), annoiata dalla vita matrimoniale, trova impiego e svago in un bordello; nell’ultimo, una donna (la interpreta Sandra Cardinale) in cerca di un appartamento, ha un fugace rapporto sessuale con un uomo sconosciuto a cui è appena morta la moglie, come accadeva in Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. A fare da cornice al tutto sono le avventure di due giovanissimi neo sposini (impersonati dal doppiatore Tony Fusaro e dall’esordiente Elena Fusco) che vengono ospitati nella villa di un facoltoso uomo d’affare, il quale riuscirà a sedurre la ragazza poco prima del finale. Secondo la testimonianza del dop Maurizio Centini, per il film vennero girate vere e proprie sequenze pornografiche destinate ai mercati più permissivi, ma anche l’edizione italiana non lesina affatto quanto ad epidermide esposta, tanto che resta bloccata per oltre un anno in sede di censura. Il set è stato peraltro galeotto della relazione tra Angelo Pannacciò e Elena Fusco, ancora minorenne al tempo delle riprese e destinata di lì in avanti a prendere il posto di Susan Levi nella vita e nelle pellicole di questo singolare regista.



Due immagini da Un brivido di piacere.


Dopo l’horror esorcistico Un urlo dalle tenebre e l’erotico Comincerà tutto un mattino: io donna tu donna (sorta di remake non dichiarato di La ragazza dalle mani di corallo di Luigi Petrini), Angelo Pannacciò inizia a dedicarsi quasi esclusivamente al cinema pornografico vero e proprio. 
La pellicola che ne segna il passaggio è Porno Erotico Western (1979), i cui contenuti in verità restano ancora in bilico tra il soft-core e l’hard vero e proprio. Il film altri non è che il risultato di un rimaneggiamento postumo di due western comici che Luigi Petrini aveva girato all’inizio del decennio, a margine del rodaggio di Lo ammazzo come un cane… ma lui rideva ancora.  I due film in questione (Alla tua, amigo! e E vennero Arcangelo e Gabriele a Trinità), che intendevano cavalcare lo straordinario successo di Lo chiamavano Trinità di Enzo Barboni, restarono incompleti per problemi finanziari, cosicché Pannacciò, approfittando del fatto che le due opere condividevano gli stessi attori e anche gli stessi personaggi, montò insieme il girato ricavandone un singolo lungometraggio, che intitolò Un pugno di dollari che scotta; ma non riuscì a piazzarlo presso nessun distributore, finché, tra il 1977 e il 1978, non decise di integrare il girato con nuove scene di sesso espressamente girate presso il villaggio western di Gordon Mitchell, rendendolo commercialmente appetibile per il nascente circuito delle luci rosse. Annunciato inizialmente sulla stampa di categoria col delirante titolo Piede Piedone Piedino: bionde pistole e pistolino ma, come detto, distribuito nei primi mesi del ‘79 col ben più consono Porno Erotico Western, è di gran lunga il film più assurdo che l’accoppiata Petrini/Pannacciò abbia mai prodotto. Una trama vera e propria non esiste: i tre personaggi principali, chiamati Padre, Figlio e Spirito Santo (interpretati rispettivamente da Remo Capitani, Laurence Bien e Tomas Rudy), si limitano a giocare a carte, andare a cavallo, ubriacarsi, fare a pugni. L’ambientazione è poverissimo, la recitazione è degna di una recita parrocchiale. Tra le scene di sesso si segnala sia un lesbo decisamente hard, sia un paio di sequenze etero dove si intravedono i genitali in azione. Di un certo interesse il resto del cast, che include, oltre un cammeo di Gordon Mitchell, le presenze di Karin Well (al secolo, Wilma Truccolo), Mirella Rossi e Sandra Cardinale, nonché un ruolo di primo piano, non accreditato nei titoli, del caratterista Roberto Della Casa. 




Tra il 1979 e il 1980, Pannacciò gira altri due hard: Luce Rossa e Sì… Lo voglio! ambedue finanziati attraverso la sua nuova società: la Lux Europea Produzione Cinematografica e Televisiva. Luce Rossa, per quanto sgangherato e poverissimo, è un’interessante operazione di cinema nel cinema, dove la pornostar Marina (Marina Hedman Bellis, al tempo ancora signora Frajese), si reca in una sala specializzata in pornofilm per vedere il suo ultimo lavoro, accompagnata dal marito. I momenti propriamente hard-core sono riservati al film che scorre sullo schermo, mentre le azioni degli spettatori presenti in sala (da segnalare la presenza di Pippo Sottile, successivamente presente negli hard di Alberto Cavallone con lo pseudonimo di Petit Loup), si mantengono per lo più al di qua della linea di confine. Luce Rossa viene bocciato dalla censura italiana, e circolerà solo clandestinamente. Sì… Lo voglio! (ma il titolo di rodaggio includeva un punto di domanda: Vuoi farlo? Sì… Lo voglio!) è invece una rielaborazione del già citato film di Luigi Petrini, Così, così…più forte
Marisa (Marisa Aresu, accreditata come Marisa Harrison) conosciuta la giovane Elena (Elena Fusco, accreditata con lo pseudonimo di Elisabeth Tulin), la invita a una cena con la sua amica Guia (Guia Lauri Filzi – tutti i personaggi mantengono il nome proprio delle attrici), che è una tenutaria di una casa di appuntamenti frequentata da onorevoli e da uomini in cerca di svago. Guia, che avrebbe il compito di aiutare Marisa a sedurre la sua amica, finisce invece per innamorarsi di Elena. La giovane dapprima sembra ricambiare ma, una volta conosciuto un aitante maschietto, non vuole più saperne della donna. Ferita nell’orgoglio, Guia corre ai ripari cercando di inserirsi nel rapporto della coppia: ma il tentativo, prevedibilmente, va a vuoto. Sì… Lo voglio! viaggia ancora al confine tra il soft e l’hard: le uniche scene di carattere eterosessuale, comprendenti fellatio e penetrazioni non simulate, impegnano la sola Lauri; il resto delle attrici (compresa Marina Hedman, qui insolitamente restia a lasciarsi andare) si limitano a titillazioni e carezze saffiche. Stilisticamente, siamo di fronte a un’opera semi-amatoriale, e le poche scene di sesso non bastano a tirare su un film penalizzato, peraltro, da una lunghezza eccessiva (la copia video dura quasi centodieci minuti). 




Nei due anni successivi, Pannacciò sforna altri hard, per lo più di recupero dai film precedenti. Peccati di giovani mogli (1981), è un rimontaggio del “vecchio” Un brivido di piacere con l’aggiunta di nuove sequenze pornografiche interpretate da Guia Lauri, Giuseppe Curia e Marina Hedman. Erotico “2000” vede ancora Guia Lauri protagonista assoluta, affiancata da Marisa Aresu e da Elena Fusco che come al solito, vista la relazione che la lega al regista, non mostra sullo schermo neanche il mezzo busto. La storia, puro pretesto questa volta per mettere insieme una sequenza hard dietro l’altra, è molto semplice: l’idillio di una coppia viene meno quando lui scopre che lei lo tradisce; finché l’uomo non decide di fare buon viso a cattivo gioco e accetta di condividere i piaceri della consorte. La Lauri non si risparmia, ma è anche l’unica attrice a darsi da fare, tant’è che il regista è costretto a recuperare intere sequenze da Luce Rossa (un amplesso tra Giuseppe Curia e Marina Hedman) e da Sì… Lo voglio! (la scena della partouze tra Guia Lauri, Marisa Aresu e un partner non identificato). La sequenza che vede una coppia di neo sposi (Curia – Hedman) recarsi in un hotel e consumare lì la prima notte di nozze, è invece presa in prestito da Peccati di giovani mogli. 
Il successivo hard del regista, Fantasia erotica in concerto, altri non è che un rimontaggio di Sì… Lo voglio! con l’aggiunta di sequenze pornografiche tratte per lo più da altri porno del regista. Dopo questo film, Angelo Pannacciò alterna il genere hard-core con delle commedie giovanilistico – balneari, prodotte che cavalcare il successo di Sapore di mare di Carlo Vanzina (1983) (i titoli sono: Un’età da sballo, 1983; Stesso mare, stessa spiaggia, 1983; Mare amore - frammenti di storie d’amore, 1985; Ho scritto t’amo sulla sabbia, quest’ultimo passato in censura nel 1989 ma con ogni evidenza realizzato diversi anni prima).
Nel 1986 altri due porno di montaggio vengono approntati dal regista: Le regine e Donna – Un brivido di piacere. Il primo, annunciato inizialmente con il titolo Si spengono le luci, è una riedizione di Luce rossa, gonfiata con materiale pornografico preso da altri film, mentre Donna – Un brivido di piacere (bocciato dalla censura italiana e circolato clandestinamente) è una riedizione di Erotico “2000” infiorettata con spezzoni tratti da Sì… Lo voglio!




L’ultima opera del regista è un soft con protagonisti William Berger e Annette Trussardi, dal titolo Femminile desiderio. Ottiene il via libera di proiezione da parte della censura italiana il 4 giugno 1987 ma resta inedito sugli schermi in quanto subito messo sotto sequestro dalla Sezione Credito Cinematografico della Banca Nazionale del Lavoro, per debiti contratti dalla produzione. 
Angelo Pannacciò muore nel giugno 1996, colto da infarto mentre è comodamente seduto in poltrona ad ascoltare un disco di musica classica.


Commenti

  1. A proposito della sua morte. Altre fonti riportano che sarebbe deceduto 5 anni più tardi, ovverosia nel 2001 in una clinica geriatrica di Viterbo presso la quale era ricoverato e malato di Alzheimer

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