Le streghe nude

di Max Della Mora

È facile immaginare quanto i ragazzi dei drive-in degli anni ’60 fossero attirati come lubriche falene da un titolo così carico di promesse: The naked witch, la strega nuda. Si può anche immaginare la loro delusione quando sullo schermo venne proiettato lo stesso film che avevano già visto, magari proprio la settimana precedente, ma nascosto sotto un altro titolo. Il “caso” di The naked witch, mette alla luce la spericolatezza della distribuzione nei drive in e nei cinema di provincia americani di quell’epoca, quando lo spettatore era visto solo come un limone da spremere fino all’ultima goccia. La tecnica truffaldina di rinominare un film, spacciandolo per qualcosa di nuovo e diverso, non è comunque affatto rara e limitata al mercato statunitense; basti pensare, in tempi più recenti, alla sarabanda di case che hanno infestato i cinema nostrani dopo il successo di La casa di Raimi oppure, sempre in Italia, ai molteplici eredi di King Kong, convocati a seguito del film diretto da Guillermin nel 1976. Ma se gli esempi sarebbero infiniti, e abbracciano tutto il mondo e tutti i media, lo sfruttamento del titolo The naked witch è piuttosto interessante e contorto, soprattutto perché va a coinvolgere due nomi nel gotha dell’exploitation: Larry Buchanan e Andy Milligan.
«Voglio fare un film per i drive-in con un sacco di nudi e pochissimi dialoghi, e tutto quello che posso spendere sono 8000 dollari!» è la richiesta dello scafato produttore Claude Alexander a un giovane Larry Buchanan, come ricorda il regista stesso nell’autobiografia It came from hungerBuchanan - che precedentemente aveva diretto solo un paio di western e un adattamento, mai distribuito, di Venere in pelliccia di Sacher-Masoch -, ne approfitta per girare il suo primo horror, ispirato a una non precisata “antica leggenda tedesca”. Il regista, in altre occasioni, dice alternativamente di aver attinto da un “film tedesco muto” che, quasi sicuramente, viene confuso con il finlandese Noita palaa elämään (trad. La strega torna in vita, 1952), distribuito negli USA nel 1956 come un film per adulti, The witch. Il dubbio diventa quasi certezza confrontando la locandina del film di Buchanan con quello di Hällström: ambedue mostrano un corpo femminile, completamente nudo, le cui zone “strategiche” sono misericordiosamente coperte dai rami di un albero rinsecchito che sembra voler quasi ghermire quelle tenere carni.





Noita palaa elämään si apre con il dissotterramento del cadavere di una strega a cui, avventatamente, viene rimosso un paletto di pioppo conficcato nel cuore. Le carni rimpolpano nuovamente le ossa e il corpo si rianima. E che corpo! Per forme ed espressioni del viso sembrerebbe quasi disegnato da Sandro Angiolini, autore, tra i tanti, dei fumetti erotici La poliziotta.
Inizialmente, la bella strega appare ai componenti maschili di una nobile famiglia come una Biancaneve un po’ stordita, i cui capelli nero corvino fanno ribollire loro il sangue, proprio come una pozione nel calderone. Poi si rivela essere invece il catalizzatore delle loro malcelate ipocrisie e libertinaggi. Non a caso, gli unici immuni alla malìa sono gli abitanti del villaggio, brutti sporchi e cattivi ma puri d’animo. Nonostante l’età del film, abbondano le scene di nudo integrale e l’erotismo fa da bordone per tutta la durata anche se il finale tenta di mortificare questo aspetto cadendo nella facile lezione moralistica.




Nel The naked witch (1961) di Buchanan rimane ben poco di tutto questo: a parte l’idea di base della rediviva strega, si tratta più di un ingenuo nudie cutie, avvolto da una coltre onirica, che di una rappresentazione allegorica dei desideri umani. Il film si svolge a Luckenbach, paesino (reale) che sembra idealmente gemellato con la (fittizia) Pleasant Valley di Two thousand maniacs! I suoi abitanti, una strana comunità di tedeschi trapiantata nel cuore del Texas, vengono dipinti come catalettici fantasmi del passato mentre si aggirano per un luogo più simile a una ghost town che a una ridente cittadina, introdotta da Buchanan con taglio quasi documentaristico, presentandone brevemente usi e costumi che ricordano, ancora, un altro luogo fittizio: la Summerisle di The wicker man




A far da contrappeso alle atmosfere insolite dei luoghi c’è la carnalità della naked witch, interpretata dalla nudista convinta Libby Hall (che in seguito sposerà S.F. Brownrigg, collaboratore di Buchanan e regista, tra gli altri, di Non guardare in cantina). Ma se i nudi della strega finlandese, interpretata da Mirja Mane in Noita palaa elämään sono tutto zolfo e peperoncino, quelli della controparte texana, a causa di un corpo non proprio seducente, appaiono meno intriganti. E anche la censura ci mette lo zampino: i tecnici puritani del laboratorio di sviluppo, turbati dal girato troppo esplicito, nascondono, utilizzando evidentissime pecette sovrapposte alla pellicola, seni e pubenda della Hall. Il produttore Claude Alexander, deluso dal prodotto finale, lo descrive addirittura come “vomitevole” e fa aggiungere al film una lunga introduzione in cui, grazie ad una galleria di immagini rubate da libri d’arte assortiti, si tiene allo spettatore una confusa lezioncina sulla stregoneria con qualche richiamo all’Haxän di Christensen. Nonostante la modestia del prodotto finale, The naked witch incassa bene e Alexander deve difendere la sua creatura da numerosi spasimanti: «Ho dovuto intraprendere azioni legali contro due o tre persone che volevano usare quel titolo, incluso Mishkin a New York». 




William Mishkin, spesso descritto come un produttore senza scrupoli, finanzia il primo “horror drama” di Andy Milligan. Purtroppo irreperibile - pare che tutte le copie siano state distrutte da Lew Mishkin, figlio di William, per estrarre l’argento presente nella pellicola - il film di Milligan ha avuto una brevissima circolazione nel 1967 come The naked witch, prima di diventare The naked temptressLe scarse informazioni a riguardo riportano di una pellicola in bianco e nero, girata in 16mm, con dosi abbondanti di “Violence! Brutality! Sex! Sadism!” (come prometteva la locandina) nonostante l’ispirazione pare venga da Le due orfanelle (1921) di David V. Griffith. Si gettano quindi le basi che caratterizzeranno gli horror successivi del geniale regista che, in barba ai budget ridicoli con i quali dovette lavorare, cercò di girare film in costume dalle trame contorte, forse più adatte ai palcoscenici dei teatrini off-off-broadway che ai grandi schermi, seppur della 42^ strada. Ambientato verso la fine del XIX secolo, in The naked temptress una (presunta) strega viene arsa viva dopo aver dato alla luce il frutto di numerosi incontri orgiastici tenuti con i maschi di un piccolo villaggio di pescatori. La figlia della colpa cresce grazie alle cure della zia, ma viene vista con odio e timore dalla popolazione del villaggio. Unico suo altro amico, un gobbo sordomuto. La ragazza, interpretata da Beth Porter, a detta di un membro del cast «Aveva le tette più grandi del mondo» e Milligan, per non scontrarsi con la censura, deve incollarle le lunghe trecce direttamente sui seni, nascondendo i capezzoli. Arte e fame si incontrano quando Andy Milligan, intervistato da Jimmy McDonough per The Ghastly One, testo fondamentale sul regista, descrive così il suo lavoro: «Molto europeo, come Ladri di biciclette o Roma città aperta» e, per la messinscena del parto, aggiunge: «Usammo un pollo, sembrava veramente un neonato. Lo mangiammo quella sera stessa». 




Con un certo gusto per la burla, Claude Alexander racconta in un’intervista realizzata nel 1994 dal compianto Mike Vraney che, a metà degli anni ’70, ormai in pensione e in cerca di soldi facili, acquista un lotto di pellicole contenente anche alcune copie di The naked witch di Buchanan, ridistribuendole attraverso la sua Alexander International Films nel circuito dei drive-in, come se fossero un prodotto unico. Suo desiderio è quello di avere un film diverso su ogni schermo ma con lo stesso titolo: The naked witch! Con quali pellicole Alexander abbia giocato è impossibile da stabilire anche se è certo che il film di Buchanan, distribuito anche in una versione in bianco e nero con i credits modificati, esce in coppia con The witchmaker (I seguaci di Satana, 1969).


I seguaci di Satana


L.Q. Jones, attore spesso apparso nei western di Sam Peckinpah, volendo realizzare un film su Fidel Castro, chiede proprio ad Alexander di aiutarlo. L’amico cassa il progetto e propone invece di realizzare una sua idea maturata sulla base di The naked witch di Buchanan. Jones, interessato al mondo dell’occulto (nel 1972 produrrà anche l’insolito The brotherhood of Satan), accetta di buon grado e realizza con Alvy Moore, altro attore caratterista, The witchmaker (aka The legend of Witch Hollow). La regia è affidata all’esecutore William O. Brown, che in curriculum ha solo filmati industriali e una via di mezzo tra il beach party e la commedia thriller, One way wahine (1965), al di fuori degli USA probabilmente distribuito solo in Italia come Due gangsters ad est di Bora Bora




Le streghe (semi)nude ne I seguaci di Satana abbondano, il cast è ben rifornito da numerose playmates e starlette, tanto da far sospettare l’esistenza di una versione alternativa più esplicita, anche se l’ipotesi viene fermamente respinta da L.Q. Jones nel commento audio del blu-ray americano. L’apice dell’autocensura viene raggiunto nell’incipit con una ragazza che corre nuda per il bayou della Louisiana, stringendosi i seni, proprio per nasconderli ai nostri occhi. Del resto, I seguaci di Satana rappresenta una sorta di ponte tra due epoche; ci sono scene di violenza e tocchi di erotismo ma anche momenti fantasy più innocenti, come quando vengono evocate streghe e stregoni appartenenti a varie epoche e nazionalità e si scatenano in un’orgia a base di… cibarie. 




Per aggiungere confusione tra il film di Buchanan e quello di Brown, ecco intervenire la distribuzione in tandem dei due titoli dove, nei flani dell’epoca, la tag lineThe strangest story ever told”, inizialmente appartenuta a The naked witch, viene ora utilizzata per The witchmaker.




Per concludere, non si può non citare The naked wytche (1970) che è in realtà il tedesco Laß uns knuspern-Mäuschen - Hänsel und Gretel verliefen sich im Wald (in Italia Favole calde… per le svedesi bollenti). Erotico piuttosto timido, si fa ricordare per la presenza di Barbara Scott, ovvero la svedese Barbro Klingered apparsa più tardi, già sfiorita e celata dietro diversi pseudonimi, in almeno tre hard tra i quali Breaking point. Qui è una sensuale “strega” bisex che cambia più volte parrucca. Interessanti anche due altri momenti: un incubo SM dalle atmosfere alla Jess Franco e una scena di sesso tra fiere in gabbia, prontamente riproposta sul manifesto italiano. The naked wytche sarà uno dei titoli che hanno scatenato le minacce di azioni legali da parte di Alexander?

Home video
The naked witch è uscito per la Something Weird Video in coppia con Crypt of the dark secrets in un DVD ormai fuori catalogo. Successivamente è stato inserito nella compilation in blu-ray Shock-o-rama video party, curata dalla AGFA. Incredibile ma vero, il DVD ha una qualità superiore.
I seguaci di Satana è disponibile in DVD per l’italiana Sinister e in blu-ray, fuori catalogo, per l’americana Code Red/Ronin Flix.
Favole calde... per le svedesi bollenti è visionabile grazie a un DVD tedesco, limitato a mille esemplari, edito dalla Mr. Banker Films.
Noita palaa elämään è incluso nel box finlandese di otto DVD Mika Waltari – Elävissä kuvissa edito dalla VLMedia.

(Articolo precedentemente apparso su Nocturno 242, 243 e 244, qui ampliato e modificato)

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