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Visualizzazione dei post da ottobre 29, 2023
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Le streghe nude di Max Della Mora È facile immaginare quanto i ragazzi dei drive-in degli anni ’60 fossero attirati come lubriche falene da un titolo così carico di promesse: The naked witch , la strega nuda. Si può anche immaginare la loro delusione quando sullo schermo venne proiettato lo stesso film che avevano già visto, magari proprio la settimana precedente, ma nascosto sotto un altro titolo. Il “caso” di The naked witch , mette alla luce la spericolatezza della distribuzione nei drive in e nei cinema di provincia americani di quell’epoca, quando lo spettatore era visto solo come un limone da spremere fino all’ultima goccia. La tecnica truffaldina di rinominare un film, spacciandolo per qualcosa di nuovo e diverso, non è comunque affatto rara e limitata al mercato statunitense; basti pensare, in tempi più recenti, alla sarabanda di case che hanno infestato i cinema nostrani dopo il successo di La casa di Raimi oppure, sempre in Italia, ai molteplici eredi di King Kong, convocati
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...e il mio grido giunga a te di Alessio Di Rocco Un urlo dalle tenebre viene distribuito nei cinema italiani nel 1975, a un anno di distanza dall’uscita di L’esorcista , e dopo che vari cloni del film di William Friedkin erano già apparsi sugli schermi, compresa l’immancabile parodia firmata dall’attore Ciccio Ingrassia (ma diretta in gran parte da Sergio Garrone) L’esorciccio , che metteva alla berlina il genere.  A mettere su il progetto era stato l’imprenditore trentaquattrenne Giangiacomo Elia. Nato a Roma il 4 aprile 1940, Elia intendeva investire i propri proventi nel mondo del cinema, su un qualcosa che, a fronte di un esiguo sforzo economico, avrebbe garantito guadagni sicuri. Un film horror sarebbe stata una buona carta da giocarsi. Un film horror ispirato a L’esorcista , che continuava a incassare cifre da capogiro al botteghino, poteva rivelarsi una scommessa vincente. Il 31 marzo 1974, Elia fonda la Manila Cinematografica e assume il giallista Aldo Crudo per scrivere una
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Un regista dalle tenebre di Alessio Di Rocco Angelo Pannacciò in Italia viene considerato un pioniere della pornografia, ma al contempo è anche una delle figure più misteriose che hanno animato il sottobosco dell’industria cinematografica a cavallo di ben tre decenni, cioè dagli anni ’60, quando inizia la sua carriera come produttore, a tutti gli anni ’80, quando cessa la sua attività. Nato a Foligno, in provincia di Perugia, il 13 marzo 1923, Pannacciò inizia a muovere i primi passi nel cinema nel primo dopoguerra, quando si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia, senza tuttavia riuscire conseguire il diploma, e comincia a collaborare ad alcune sceneggiature (es. Divisione folgore, di Duillio Coletti, nel 1954). Sul finire degli anni ’60, approfittando di un’eredità di famiglia, fonda, con la collaborazione di Francesca Pannuccio e Pelio Quaglia, due piccole imprese di produzione, la Filmarts e la Universalia Vision MPI, con le quali finanzia alcuni film a bassissimo budget
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Ti mangio e ti bevo! di Max Della Mora Uno dei tormentoni cinematografici più efficaci dei primi anni ’70 è stato quel ridondante “I drink your blood, I eat your skin”, utilizzato in un trailer che accoppiava un piccolo gioiello di scorrettezza a un innocuo, ma non meno interessante, horror in bianco e nero. Il regista Del Tenney , in un’intervista rilasciata a Fangoria , definisce Zombie come il suo primo (ed unico) big picture, costato circa tre volte tanto i suoi titoli precedenti (ad esempio The horror of party beach ). Al tempo stesso, imputa la mancata distribuzione del suo film al successo enorme ottenuto in quel periodo dalle produzioni Hammer, che avevano calamitato l’attenzione del pubblico e orientato i distributori verso film con generose dosi di sangue ed erotismo. «Con Voodoo blood bath  (titolo di lavorazione di Zombie , a volte riportato anche come Zombies n.d.a.) - I took a bath (1)» dice scherzosamente Tenney.  Del Tenney Rimasto ad ammuffire sugli scaffali di qualc
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GO-GO-GOREZILLA! ***   Gorezilla nacque per necessità, un bisogno impellente, l’impulso quasi irrazionale di dichiarare in forma scritta, il mio amore per un certo tipo di cinema. Chiamatelo di serie B, trash, exploitation, popolare, la sostanza non cambia: è il cinema con il quale ho convissuto sin dalla tenera età, attraverso proiezioni nelle sale di periferia, all’oratorio, al Festival della Fantascienza nel ’75. Una passione incontenibile per le tute di lattice, le miniature che esplodono e crollano, i razzi e i dischi volanti appesi ai fili, il sangue finto e le scenografie di cartapesta. Gorezilla 0 Attraverso la rivista americana Fangoria , scoprii che non esistevano solo i film che consumavo avidamente in TV e in sala, ma anche altri generi che, partendo in picchiata dalla “B”, percorrevano tutto l’ordine alfabetico schiantandosi alla “Z”. Uno su tutti: The astro-zombies di Ted V. Mikels, film che, già dal titolo, incarna l’Alfa e l’Omega della Settima Arte. Guardandone la lo